Da Humpty Dumpty a Internet
un articolo uscito il 10/3/2007 su "il Domani" di Bologna.
RADIO ALICE FU IL PRIMO “MEDIA CALDO”, UNA SORTA DI BLOG QUANDO ANCORA NON C’ERA LA RETE
Il manifesto era emblematico, sotto il cielo di un proclama dadaista un gruppo di guerriglieri della comunicazione issava l'antenna di Radio Alice sopra i tetti di via del Pratello.
Quel manifesto annunciava la conquista della libertà di parola.
Circa un anno prima una rivoluzionaria sentenza della Corte Costituzionale aveva aggiunto un pezzo di democrazia all’Italia liberalizzando le trasmissioni radiofoniche e televisive. Fino a quel momento l'etere era in tutta Europa monopolio degli Stati.
Il primo trasmettitore di Radio Alice era un vecchio apparato militare dismesso comprato a un mercatino surplus e opportunamente adattato (anche Internet nasce dalla dismissione di una rete di comunicazione mili-tare). Radio Alice non era sola, c'era in Italia un numeroso movimento di radio libere. Ma la sua particolarità stava nel non avere un modello prestabilito. Ognuno trasmetteva quello che voleva. Avevi qualcosa da dire?Venivi alla radio e chiedevi uno spazio, se non eri un fascista eri il benvenuto.
Anche il telefono era sempre in onda e nulla veniva censurato comprese le provocazioni e gli insulti.
“Radio Alice dà voce a chi non ce l'ha” più che un riuscito slogan fu una concreta deflagrazione di democrazia. Ma contrariamente a quanto si pensa un minimo di palinsesto c’era. E riusciva a garantire durante la giornata gli appuntamenti più o me-no fissi con l'informazione e con i programmi. C’era una bellissima rubrica sul cinema e gli spettacoli “Vissi d'arte vissi d'amore”, o la surreale “Su e giù per i calanchi” , l'attesissimo - soprattutto dai bambini - angolo delle favo-le, la lettura e il commento mattutino dei giornali. La fuoriuscita di musica era fantasmagorica: dal punk ai raga indiani, dall’elettronica tedesca alla classica, dai Jefferson Airplane agli Area . Alcuni come Jumpy, Pappa, il Generale trovarono i ritmi che ci avrebbero fatto muovere per anni. Era una radio d’arte che parlava al corpo.
Di notte quel palinsesto minimo spariva e andavano in onda le cose più folli e poetiche, parole e suoni non convenzionali stimolavano an-che nel buio la partecipazione degli ascoltatori. Stavano andando in onda i primi esperimenti di un me-dia caldo e interattivo, una specie di Blog radiofonico: il vissuto personale che diventava pubblico.
Questa libertà di linguaggio diede luogo a una creatività collettiva contagiosa. Oltre l'effetto liberatorio/labora-torio della radio bolliva an-che il crogiolo del Dams con le sue vivaci risorse creative, impegnate non solo in radio ma in tutta la città universitaria, nelle associazioni, nei teatri, nei cineclub, nelle festose strade e piazze del 76 e del 77. Una vitalità sociale che in città andò in crescendo fino all'uccisione di Francesco, quando quella energia di migliaia di voci si trasformò bruscamente in grido di rabbia contro la repressione mi-litare del movimento e si ri-dusse al silenzio sotto la cappa mortale dell'avventura brigatista.
Radio Alice rappresentò una esperienza unica ma altre radio democratiche e di movimento erano nate. Radio Città a Bologna (dalla cui scissione prese poi il via Ra-dio Città del Capo), Radio Popolare a Milano, Radio Città Futura e Radio Onda Rossa a Roma, Controradio a Firenze.
Molte si erano riunite in un sindacato, la Fred (Federazione delle Radio Emittenti Democratiche) che cercava di fare fronte comune nelle battaglie giuridiche e legali, nella ricerca di risorse pubblicitarie e nella condivisione di alcuni programmi. Allora non era possibile mettersi in rete o trasferire files digitali, i contenuti audio giravano su nastri in cassetta. Io e Gigi Ghermandi avevamo attrezzato a casa sua un labora-torio audio che era diventato il centro di duplicazione e scambio dei programmi radiofonici tra le radio del net-work.
Quando un servizio doveva arrivare in tempi rapidissimi si portavano le cassette ai treni con la spedizione “fuorisacco”, un compagno della radio destinata-ria sarebbe andato a prenderle all'arrivo, questo era il nostro “file transfer”. Avevamo chiamato quel progetto Humpty Dumpty che era il nome del personaggio a for-ma d'uovo che dialoga con l’Alice di Lewis Caroll a proposito del senso delle parole. Con l’etichetta Humpty Dumpty dopo la chiusura della radio vennero prodotte e distribuite due storiche cassette con la registrazione in diretta dell'irruzione della polizia nella sede di via del Pratello 41. Con la polizia alla porta, Valerio Minnella (uno dei fondatori ) pronuncia le ultime emozionate ed emozionanti parole della radio, scegliendo come sotto-fondo una sonata al piano-forte di Beethoven. Le cassette contengono altri interessanti documenti sulla creatività sonora del movimento, la mitica “Mamma dammi la Benza” dei Gaz Nevada e ancora molte altre divertenti improvvisazioni verbali e musicali. Per fortuna grazie alla rete è oggi possibile riascoltare quei nastri sul sito www.radioali-ce.org mentre altre registrazioni, tra cui diverse telefonate alla radio, si trovano ne-gli archivi sonori di radio-cittadelcapo.it .
A quelle prime cassette seguì la produzione di Inascoltable degli Skiantos realizzata insieme alla cooperativa "Harpos Bazaar" che si preparava a raccogliere e distribuire ne-gli anni successivi la produzione musicale del movimento.
Conosco molti di quelli che hanno lavorato alla radio, me compreso, che hanno continuato ad essere attivi in uno o più campi della comunicazione. L'anima collettiva di Alice ci ha lasciato ai nostri percorsi professionali individuali più o meno appassionati. Ma indipendente-mente dalle strade prese, chi è rimasto segnato da quella esperienza ne ha certamente rivisto lo spirito nell'esplosione del web.
Una nuova tecnologia che si stava sviluppando secondo figure rizomatiche portava venti anni dopo quella radio-simbolo la possibilità di comunicare senza censure e condizionamenti, di creare comunità di interessi, di diffondere la propria musica, di conoscere e informarsi in libertà, di condividere e partecipare.
E anche il modo di fare radio con la rete si sta trasformando. Oggi si può partire dalla rete per fare una radio che nell'etere non esiste, e poi finirci tra pochissimo, con il WiFi geografico le cui frequenze sono state appena liberate in Italia dall'utilizzo militare. L'energia sociale è rinnovabile: la tecnologia della relazione si può sostituire a quella militare.